Migliori amici dell’uomo

Beh, cosa c’è di strano, i migliori amici dell’uomo si sono sempre visti in giro per i pubblici uffici, accucciati, eretti, languidamente sdraiati, in allerta, dietro e sopra scrivanie, banchi e banconi. In tutti questi decenni di frequentazione direi addirittura di essermi imbattuto in tulle quante le specie di canidi elencate dal Limneo, non solo dunque uffici facilitati da barboncini e carlini, ma anche da lupi, sciacalli, iene, molossi e coyote; e non solo canidi, chi ha una qualche esperienza sa che non è raro incontrare anche micetti e colombe, bradipi, usignoli e persino qualche grillo con il dono della parola. Ma forse quello che intende l’assessore alla cultura della città che già della cultura ne fu capitale europea ed evidentemente ambisce a tornare ad esserla, è un ampio disegno propriamente culturale, se non addirittura filosofico, un progetto non scevro da una qualche arditezza, qualcosa come l’affidamento al migliore amico dell’uomo della mediazione del conflitto tra il servizio e il pubblico e tra il servizio e se stesso, tra l’uomo e il suo peggior nemico. Potrebbe funzionare. Del resto attualmente le relazioni tra gli umani sono in generale disdicevolmente improntate alla disumanità e i sentimenti più diffusi nei confronti della propria specie sono l’indifferenza, il disprezzo e l’odio, parrebbe a questo punto che l’autoestinzione della specie umana sia un obiettivo, un anelito, più che ragionevole. Il fatto che il migliore amico dell’uomo sia un cane e non un altro uomo, ci dice qualcosa, soprattutto perché, spiace dare questa brutta notizia, il migliore amico del cane non è l’uomo, come l’uomo supporrebbe per stupida supponenza, ma un altro cane, questo a detta del cane medesimo. Per pura libera associazione voglio raccontare de da qualche tempo la nostra famiglia sostiene un gatto senza fissa dimora a cui abbiamo dato appropriatamente il nome di Asilo, con la sua aria sfigata, denutrito e  di pelo dimesso, sembra proprio che ne porti le stimmate del richiedente asilo e noi lo nutriamo con generosità, lo abbiamo fatto vedere al nostro veterinario e lo autorizziamo persino a visitare la casa. Una sera a cena la famiglia si è posta la seguente domanda: se invece di un felino fosse un umano, un membro della nostra stessa specie, a chiederci asilo, lo nutriremmo, lo faremmo controllare da un medico e gli consentiremmo di sostare a casa nostra con la stessa generosa immediatezza che abbiamo riservato al gatto? La famiglia non ha saputo rispondere e zitti zitti siamo passati al dessert.

Il Secolo XIX, 14 gennaio 2018