Ilva Genova

Anche se a volte non sembra, gli operai esistono. Si vedono poco perché vanno a lavorare un po’ prima delle persone normali e tornano a casa un po’ dopo, i posti dove lavorano sono fuori dal giro dove vale la pena di andare a farsi un selfie, e loro stessi tendono a non dare nell’occhio perché le fabbriche puzzano sempre, anche le fabbriche di deodoranti, e loro ci passano troppo tempo per non prendere quel cattivo odore, gli operai tengono il profilo basso perché sanno che non fanno altro che creare dei problemi e se non fosse per il cuore grande così dei loro padroni sarebbero tutti in mezzo alla strada da un bel po’, gli operai esistono anche se sarebbe meglio di no, perché anche se non si vedono sono sempre in tanti, a brulicare, a confabulare tra di loro, a guastarsi continuamente e persino a morire senza una vera ragione, e a pretendere, sempre a pretendere qualcosa. Gli operai esistono e sono sempre troppi e costano sempre troppo e fanno guadagnare i loro padroni sempre meno di quello che sarebbe giusto e auspicabile da tutto il popolo, gli operai si alzano la mattina e vanno in fonderia, le fonderie esistono anche se non si direbbe visto che ormai è tutto di plastica, e colano, forgiano, laminano l’acciaio che poi parte per tutto il mondo a modellare cose grandiose e meravigliose che pare proprio impossibile che all’inizio di tutto ci fossero degli operai, e non fosse che per questo dovrebbero essere contenti di lavorare a gratis, o perlomeno di accontentarsi di quello che passa il convento, altro che aumenti e anzianità, altro che garanzie e compagnia cantante. Ma io sono figlio di uno dei loro e mi ricordo che c’è stato un tempo che gli operai si vedevano andare per l’Italia ovunque a testa alta e tutti sapevano che esistevano, perché erano l’orgoglio della Nazione, erano i suoi edificatori, e in virtù di questo si erano conquistati un giusto salario e dei buoni diritti, e pochi osavano obiettare a tutto ciò anche tra i loro padroni, che preferivano non farsi chiamare così perché era opinione universale che nessun uomo potesse avere un padrone. Mi ricordo, e è per questo che adesso non dovrei essere qui ma ai cancelli dell’ILVA ad aspettare la fine del turno per fermare quegli uomini che esistono anche se non li vede più nessuno e fermarli uno per uno e chiedere scusa a nome di tutti. Di tutti.

Il Secolo XIX, 8 ottobre 2017