Festa de l’Unità

Non per star sempre lì a rosicare, ma disorienta un po’ arrivare a Caricamento, metti dopo una lunga e dolorosa assenza e proprio il giorno che è annunciata la prima alluvione d’autunno, rimettere i piedi nell’amata città e per prima cosa inciamparli nei consueti baraccamenti eretti in stile neo Tripolitania senza riuscire a capire se trattasi della festa della birra, della fiera del buono e bio o della Festa dell’Unità, se non altro perché si vorrebbe avere un occhio di riguardo per la pubblica manifestazione di un partito politico di così antichi e nobili precedenti. E se capiamo l’inopportunità di quelli che ne furono un tempo i segni più caratteristici, il garrire orgoglioso e sfrontato di una moltitudine di rosse bandiere e l’alto levarsi nell’aria dei canti delle rivoluzioni passate e a venire, e se ci siamo ormai rassegnati alla rinuncia degli odori e afrori  così tipici e unici di quelle feste dove per molti, ma soprattutto molte, l’impegno politico si estrinsecava, amorevolmente direi, nella confezione di “quei” raviei e “quei” friscé che non altrimenti si sarebbero potuti gustare, perché la globalizzazione è anche questo, che, per ragioni che sfuggono alle pretese del palato anche i firscé sono a gusto globale, se tutto ciò è vero e ragionevole, cionondimeno dispiace assai non cogliere nell’immediata esplorazione l’identità, la straordinarietà, il quid insomma, di una Festa dell’Unità, quel quid che ha convinto per decenni anche molti non ossequienti e persino molti antipatizzanti del partito che quelle feste ha indetto. Per fortuna che, cercando, l’inequivocabile si coglie, mandato della più nobile delle tradizioni di partito, nel pubblico dibattito politico, che nella bella Festa di Caricamento ancora vive e persino prospera. A tal proposito, non per star lì a spaccare il capello in quattro, ma disorienta un po’, compulsandone il fitto programma, scoprire che  non si è ritenuto da parte dei compilatori dedicare un solo incontro al fatto politico di maggior rilievo accorso nell’ultimo anno, la straordinaria, sorprendente, tragica, diamantina sconfitta del partito in festa nelle elezioni per il sindaco della città, sconfitta addirittura esaltante vista con lo sguardo del marchese De Sade. È ammirevole lo slancio con cui il partito dei democratici guardi avanti, sempre avanti, coraggiosamente avanti, nella linda coscienza che per il passato chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, ma il passato più recente è un baratro, e dispiace indursi a sospettare che chi ha avuto non ha dato e non intende dare, perché in fin dei conti non è successo niente.

Il Secolo XIX, 10 settembre 2017