Il Papa a Genova

Ogni cosa è illuminata, lo è anche il papa dei cattolici romani. Ogni cosa è illuminata solo se si mette dalla parte della luce, e ci sono uomini che sanno porsi dalla parte della luce, il papa Francesco tra quegli uomini. Ci sono tempi di luci divampanti, tempi in cui ogni cosa e ogni uomo si confondono e dileguano in uno splendore universale, ci sono tempi del crepuscolo, umbratili, equivoci, e allora solo poche cose e pochi uomini si accendono come falò in una notte polare, li si possono constatare da orizzonte a orizzonte.  Come in questo tempo, quando i rari uomini illuminati diventano essi stessi l’orizzonte, l’unico visibile a cui si rivolge ogni essere desideroso di luce, e ogni altro smanioso di sottrargliene una scintilla per il comodo delle sue penombre. Chissà se a papa Francesco è stato fatto notare come sia luminosa Genova, chissà se ha avuto modo di scoprirlo per conto suo; immagino di no, ma sarebbe bastato farlo salire sull’ascensore di Castelletto, dargli un po’ di tempo per affacciarsi dalla Spianata e bearsi di tutta la luce di Genova, credo che a lui sarebbe piaciuto anche solo per qualche minuto confondersi in quella luce, dileguarsi nella vividezza del suo orizzonte. Mi sa che gli avranno invece spiegato come questa città sia chiusa nelle sue ombre, un intrico di vicoli oscuri e secolari decadenze, fosse salito su quell’ascensore –“…quando mi sarò deciso di andarci, in paradiso ci andrò con l’ascensore di Castelletto…”- avrebbe saputo che con tutta quella luce Genova non può avere quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, che un filo di luce arriva fosse anche solo per un attimo in ogni vico e casa, contro la ragionevole opinione generale. In effetti Genova è irragionevole, ancora viva nonostante l’evidenza ragionevole che da qualche secolo la dà per spacciata; è viva in virtù di una sua interiore luminosità, una luce luterana sulle cose. Ma in cuor suo il papa dei cattolici romani ha fatto pace da tempo con Lutero. E avrebbe sommamente apprezzato di Genova proprio la sua irragionevolezza, la sua strenua resistenza all’ovvio della storia. Non è forse quel papa tale e quale? Non è forse irragionevole ciò che dice e ciò che fa agli occhi di coloro che hanno ragione, che hanno ragione del mondo intero?

Il Secolo XIX, 28 maggio 2017