Il giardino di Pomona

Vacanze pasquali in bici, giovedì santo a Matera, venerdì santo a Alberobello, culmine di un’esperienza penitenziale una notte a dormire in un sasso materano e la successiva in un trullo, sborsare cifre da capogiro per giacere in loculi angusti e malsani abbandonati a suo tempo al costo di lotte furibonde per la dignità di una casa popolare dagli antichi abitatori figli della miseria nera, vergogna dell’Italia feudale del latifondo, i cui eredi oggi vivono di b&b e alberghi diffusi con una disinvoltura che sa un poco di banditismo lucano risorto e vindice dei mai dimenticati affronti nordisti. Sabato santo, le campane legate per propiziare un silenzio ancora dopo due millenni carico di attese, la schiena ululante, le giunture macerate e incapaci di una qualche memoria delle proprie funzioni, ma la resurrezione dietro l’angolo, e dietro quell’angolo sulla strada per Cisternino la resurrezione, una umanamente possibile resurrezione, ha l’aspetto di una non giovane eppure splendente coppia di giardinieri. Il loro giardino si chiama Pomona non Eden, ma è probabilmente più vasto e fantasioso di quello, dopo tutti questi millenni di selezione le varietà di meli disponibili per la tentazione della conoscenza sicuramente più varie, e, sopratutto, con la più grande collezione al mondo di fico edule. Cinquecento diverse varietà. Sarebbe soltanto una curiosità se quella collezione non avesse una sua ragione “strategica”. Sostiene il giardiniere di Pomona che il fico, che è la pianta più antica tra quelle domesticate dall’uomo, sarà anche l’ultima possibile quando mai le cose per l’umanità  dovessero mettersi male, malissimo. È duttile, tenace, resistente, generosa, adattabile alle condizioni estreme, capace di sopravvivere alle siccità e alle inondazioni, e i suoi frutti un alimento ricco e facilmente conservabile. A me i due giardinieri non son sembrati dei tipi strani, i loro discorsi piuttosto ragionevoli, il loro lavoro assiduo scientifico, già le cose non sono messe bene e giungono notizie che presagiscono il male e il peggio per mano, questo sì, dei tipi piuttosto strani che tengono per le palle il mondo, venire a sapere che c’è chi pensa a qualcosa che possa sfamare l’umanità con quel poco e niente che potrebbe restare a disposizione ha un buon suono pasquale, senz’altro più convincente del gelato di Fiocco di Neve. Al centro del giardino di Pomona c’è un grande caco, quell’albero è cresciuto da una talea del caco che miracolosamente è sopravvissuto alla bomba di Nagasaki, prospera e dà gran quantità di buoni frutti. A proposito di resurrezione umanamente possibile.

Il Secolo XIX, 16 aprile 2017