Istigatori

Ecco perché credo che il reo di Fermo, l’atterratore di negri, il lanciatore di arachidi, meriti la massima considerazione e ogni attenuante prevista, compresa la derubricazione del reato a eccesso di difesa. Perché il reo di Fermo è individuo di disonorevole morale, ignobile cultura, dubbia posizione sociale, ma è cittadino avente davanti alla legge gli stessi identici diritti di trattamento di ogni altro cittadino, compresi il colto e l’inclita, l’onorevole e l’eccellenza; avendo semmai, proprio in virtù della sua condizione di estrema fragilità rispetto a posizioni morali e sociali più robuste, lecita aspettativa di maggiore sensibilità e clemenza da parte del giudicante. Come non considerare allora che nella parte onorevole della nazione, tra coloro che sono candidati a occupare i più alti seggi della legislazione e del governo e a cui è lecito aspettarsi che le anime semplici e più disponibili all’emulazione si rivolgano come ad esempi positivi di guida morale e civile, non pochi sono usi ad aggettivare, pubblicamente e sonoramente, come mangia banane, bingo borghi, scimmie, babbuini, negri di merda, uomini e donne di colore vario purché tendente al bruno? Come dimenticare che il parlamento della repubblica ha ritenuto non molto tempo addietro legittima prerogativa di un suo membro nell’esercizio della libera espressione di una opinione politica l’equiparazione a “orango” di una persona di colore difforme dal suo, incidentalmente essa stessa onorevole? Come dimenticare che la decisione fu unanime, e gli onorevoli  esecratori di oggi, gli stigmatizzatori, i riprovatori, trattano, familiarizzano, e financo intrallazzano, con coloro da cui il reo di Fermo ha tratto il verbo? Per quale ragione sanzionare come ingiustificabile omicidio l’atto di un relitto umano e sociale senza aver  innanzitutto espulso dal parlamento della Repubblica e dal consesso civile assicurandoli alla giustizia i suoi diretti e astuti ispiratori, e istigatori? Sono decenni che l’élite onorevole della nazione esibisce impudente e impunita le sue feci al Paese, come non aspettarsi che il Paese restituisca con le sue?
Il Secolo XIX, 10 luglio