Leicester

Il Leicester, la squadraccia delle Volpi proletarie e anche peggio, ha vinto lo scudetto più antico del mondo, e questa è una favola bella e una storia edificante di dignità e riscatto; gli allibratori inglesi ci hanno rimesso un sacco di milioni, e questa è una triste realtà e una dura lezione. Dunque quei furboni dei bookmaker davano il Leicester vincente 5000 a 1. Loro sono quelli che la sanno più lunga di tutti, sono mille anni che prosperano su quello che loro sanno e gli scommettitori no. Sapienza che gli viene da un’intrinseca intimità con ogni sorta di fenomeni naturali e soprannaturali, e una sopraffina coscienza delle più recondite sinapsi dell’animo umano. Hanno accettato scommesse sul Leicester a quella quota metafisica solo per non umiliare i tifosi della squadra e per rispettare l’augusta tradizione che impone di non rifiutare nessuna scommessa su niente. Il fatto che ci fosse chi scommetteva sul Leicester andava a maggior gloria dello spirito britannico, che non sarà quel gran che egalitario ma dà anche all’ultimo dei commons la facoltà costituzionale di giocarsi il sussidio sociale in un sogno. Mi dicono che agli allibratori poteva andare molto peggio; che molti tra i commons, i più fragili, con mogli più volitive, non hanno retto allo stress dell’attesa, e negli ultimi giorni del campionato hanno preferito prendersi due soldi e ritirare la loro scommessa. Ma la punizione resta; la giusta punizione per aver dato alle Volpi proletarie possibilità di vittoria pari allo zero. Sulle lavagne degli allibratori c’è un’altra sola scommessa data 5000 a 1, e cioè che un’astronave aliena atterri sul territorio britannico. Vengano pure i marziani, ma intanto imparino i furboni che la storia non finisce mai, e che da qualche parte ci sia un finale già scritto, e che a scriverlo tocchi a loro, è una diceria priva di fondamento. A parte certi goal da non crederci, questo è il bello che le Volpi hanno fatto vedere agli increduli, agli umiliati, ai rassegnati.

Il Secolo XIX, 8 maggio 2016