Il cuore del privilegio del Paese.

Per Laura, Sveva e Giacomo, queste modeste considerazioni dopo aver letto il loro bell’articolo sulla prima pagina di giovedì scorso.
Mi piacerebbe innanzitutto sapere da voi, perché in ciò che avete scritto non mi appare, se avete coscienza di un fatto semplice, chiaro, ineludibile e dirimente. Voi siete il cuore del privilegio del Paese. Voi, studenti del prestigioso liceo classico D’Oria, siete lì, siete stati mandati lì, non per trascorrere in qualche passabile modo l’adolescenza, ma per diventare la classe dirigente di questo Paese. Il liceo è stato inventato per questo, studiate greco e latino, fisica e matematica e letteratura per questo unico scopo, per farvi futura classe dirigente. Se questo non vi è stato detto e spiegato dai vostri genitori e dai vostri insegnanti, i primi sono adulti incoscienti e mal esercitanti la patria potestà, e i secondi funzionari immeritevoli dell’alto compito affidatogli dallo stato. Questo dovete averlo ben chiaro in testa, che o sarà emersa tra voi la prossima classe dirigente, o questo Paese non ne avrà, con quello che ne consegue e che anche voi potete immaginare. Adesso vedo farsi avanti una nutrita delegazione di affettuosi genitori, con qualche accompagnamento di premurosi professori, che con gran scandalo ribatte: ma sono solo dei ragazzini. No, non siete dei ragazzini, questa è roba passata ormai. Siete dei giovani uomini e delle giovani donne, sessualmente sviluppati e con fresche e abbondanti sinapsi neuronali, che dal basso delle mie consunte connessioni non posso che invidiarvi. Ah, ma oggi non è più come una volta! Già, è vero, ma non per un andamento naturale delle cose, ma a causa di un disegno di natura squisitamente politica, di criminalità politica. Non siete il frutto di una involuzione genetica della specie, la gestazione degli esseri umani è ancora di nove mesi come un milione di anni or sono, a diciotto anni l’essere umano è intellettivamente più acuto, pronto ed elastico che a quaranta, per non dire a sessanta, psicologicamente più plastico. A trent’anni il matematico Gauss si lamentava di non essere più capace di elaborare calcoli con la prontezza dei suoi quattordici anni, a ventiquattro Albert Einstein aveva già concluso il suo percorso di elaborazione teorica, a vent’anni Piero Gobetti, di cui forse qualche vostro insegnante vi avrà detto qualcosa, aveva detto, e scritto, tutto quello che aveva da dire, ed era pronto per venire ammazzato dal regime fascista terrorizzato dalla forza del suo pensiero politico liberale e rivoluzionario. Voi non siete di un’altra specie, e se tra voi c’è un pensatore politico, o un matematico, o un filosofo, o lo si vede oggi o non lo si vedrà mai. Se siete dei ragazzini, se siete indotti a sentirvi dei ragazzini e a rimanere indefinitamente ragazzini, è perché la classe dirigente attuale, i vostri padri, i vostri zii e i vostri nonni, io compreso, è talmente scadente, inefficiente, al di sotto di ogni possibile aspettativa, che l’unico programma serio che si è data è di durare in eterno. E finché voi sarete dei ragazzini loro potranno ben dirsi giovanotti, giovanotti con ancora molto, molto da dare, e prendere; prendersi anche un po’ di ragazzini a far da coadiutori, da assistenti, da stagisti dei poteri.
Nel vostro articolo non trovo traccia di questa coscienza. Sembra, permettetemi, scritto su di voi, non da voi. È un articolo colmo della dolente coscienza di una fragilità e vacuità che sembra il perfetto riscontro della vostra inattitudine a farvi adulti e classe dirigente. Vi lamentate di non poter colloquiare con i vostri genitori, di non riuscire a farlo nemmeno davanti al televisore, di saper solo star dietro alle mode, e di trastullarvi ossessivamente con i social. Mannaggia, ditemi che non siete questo. Una classe dirigente in formazione non segue le mode, semmai ne inventa di nuove, si emancipa dall’ovvia oppressione della potestà genitoriale a colpi d spada se necessario, come perorava appropriatamente il Cristo, e va cercando i suoi maestri, tutti abbiamo bisogno di maestri e a qualunque età, lungo percorsi inusitati e lungi dalle false verità della consuetudine. Ciò che vi è chiesto dalla storia  dell’umanità, a cui appartenete fino a prova contraria, è di mettervi in cammino per strade sconosciute e cercare, rischiare, sbagliare e imparare a fare meglio di chi vi ha preceduto. È un mandato della specie, non un consiglio. Denunciate la vostra fragilità, ma la fragilità di cui soffrite è indotta non connaturata, ci fate comodo così fragili come vi abbiamo voluto. Siete così fragili che pensate di essere riusciti a inventare anche il bullismo. Falso. Il bullismo è sempre esistito e, per quello che dice la mia esperienza, molto peggio e diffuso di oggi. Io sono stato vittima del bullismo per gli anni della scuola solo perché portavo gli occhiali, figuratevi. I miei non mi hanno portato dallo psicologo e nemmeno sono andati dal preside, non si usava, mi hanno solo detto di farmi valere o di lasciar perdere, poca cosa. Me la sono cavata da solo, a diciassette anni mi son fatto rivoluzionario, ho approfittato di una buona occasione per dare un senso ai miei occhiali, che esteticamente ci vanno come il cacio sui maccheroni con la rivoluzione. Cionondimeno ho vissuto in un tempo che se sbagliavo marciapiede prendevo una bella rata di cazzotti dai bulli del quartiere, rivoluzione o no. Meglio allora? No, ma nemmeno meglio adesso. È sempre e solo la solita storia, solo che oggi la rivoluzione non potete aspettarvela da quelli un po’ più grandi di voi, ma dovete trovare il modo di farvela da soli. Impresa titanica, non c’è che dire, ma per come stanno le cose solo da una rivoluzione sarà possibile che si generi una classe dirigente nuova, nuova davvero. Sul genere e sul modo della rivoluzione che sceglierete dovrete mettere a rischio la vostra stessa esistenza, ma è questo che la specie vi chiede, prima ancora che la coscienza di voi stessi e del mondo. In ogni caso è bene che ricordiate che i social vanno benissimo per convocare la rivoluzione in Piazza Tahrir, ma poi quella piazza bisogna prenderla col il corpo oltre che con il net, e la vittoria è  di chi quella piazza la sa tenere, fisicamente, politicamente, militarmente; ora come ora la vittoria è del generale al-Sisi, non degli studenti. Inutile dirvi, perché spero che siate stati informati al riguardo dai vostri network preferiti, che in Egitto e in tre quarti del globo i vostri coetanei sono quotidianamente chiamati a responsabilità e azioni che mettono la loro sopravvivenza in gioco un giorno via l’altro. Ogni buona fortuna da Maurizio Maggiani.

Il Secolo XIX, 21 febbraio 2016