L’antropocene

È ormai opinione comune tra gli scienziati, a tal punto diffusa da farsi da opinione verità scientifica, che la Terra abbia dato inizio a una nuova era geologica. Concluso l’Olozoico, la Terra è entrata nella nuova Era dell’Antropocene. C’è anche una data precisa di inizio, precisa fino al minuto secondo, il 16 luglio del 1945, allorché nel deserto del New Mexico si diede inizio con la prima esplosione sperimentale all’era atomica. Da quel giorno la Terra non è più la stessa, non da un punto di vista morale o politico, quello lo sapevamo già quello stesso giorno, ma geologico. Le particelle residue di quell’esplosione si sono propagate per tutto il globo lasciando tracce che non si cancelleranno. Nell’alba della nuova Era ha preso avvio un nuovo Periodo che sostituisce l’esangue Olocene, il periodo della Grande Accelerazione. Un’era geologica si identifica per i radicali, violenti, mutamenti della Terra. Disgregazione di continenti, formazione di nuovi, spostamenti dell’asse terrestre, immani attività telluriche, estinzioni di antiche forme di vita e nascita di nuove e strabilianti. Le ragioni del succedersi delle Ere e dell’avvicendarsi dei Periodi sono molteplici e non tutte verificate, particolari fasi dell’orbita della nostra stella nella sua galassia, ad esempio, sconvolgimenti della composizione dell’atmosfera a causa di straordinarie attività vulcaniche, l’impatto di un grande meteorite, l’alternarsi di epoche di grande gelo e di grande caldo causate da quanto sopra. In questo ultimo caso, la nuova Era ha avuto inizio per mano dell’Uomo, da cui il nome di Antropocene, il cui semplice darsi da fare nell’ultimo secolo della sua esistenza in vita ha causato processi di trasformazione paragonabili agli immani che lo hanno preceduto e che in definitiva lo hanno generato.
È vero che di ‘sti tempi abbiamo altro per la testa, con la barbarie islamica alle porte d’Europa, la gioventù a vagolare per le vie, la colonscopia, con preghiera di sedazione, che mi attende domani, ma il sorgere di questa nuova Era, l’incedere della Grande Accelerazione, meriteranno pure un attimo di tregue dai quotidiani affanni per spingere il nostro sguardo un po’ più lontano, foss’anche per un solo istante, il tempo di questa lettura. Lontano quanto? La Grande Accelerazione ci dice non troppo, forse nemmeno abbastanza da guardare con distacco. La Grande Accelerazione sta a dire che dal 16 luglio del ’45 i mutamenti si sono fatti precipitosi, e esponenziali, le condizioni della Terra si evolvono anno per anno, giorno per giorno. Se per la comparsa della vita sono stati necessari un paio di miliardi di anni, per il distacco della Siberia dall’Alaska ci sono voluti alcuni milioni, per il prosciugarsi della piana padana alcuni millenni, per quello che verrà, qualunque cosa accadrà, possiamo aspettarci di vederlo compiersi persino nell’arco di un paio di generazioni, un tempo insignificante, nemmeno misurabile nella scala geologica. Con delle elettrizzanti novità rispetto ai quattro miliardi e mezzo di anni della Terra. Perché l’Antropocene non si è governato da condizioni dettate da leggi fisiche e accadimenti che quelle leggi hanno reso ineluttabili, le placche continentali non hanno avuto nessuna volontà di cozzare tra loro né il Sole di riempirsi di bolle morbillose, ma se i ghiacciai si scioglieranno in mare e si creeranno stretti dove c’erano istmi, se al posto della valle del Giordano ci sarà un complesso di crateri, questo dipenderà dalla volontà dell’Uomo di produrre una certa quantità di CO2 e di sganciare una dozzina di bombe nucleari in un posto critico del globo. Dovremo aspettarci come in passato la formazione di nuovi continenti, l’appalesarsi di nuove forme di vita, l’estinguersi di vecchie, certo che sì, visto che i prodromi di tutto ciò e di altre meraviglie sono già visibili e calcolabili. Possiamo fermarci un attimo qui e immaginarceli. Compresa l’inevitabile estinzione della specie dominante, la nostra, non proprio per mano di un meteorite e di una conseguente spaventosa gelata delle terre abitate, ma per la sua stessa potenzialità autodistruttiva. Oppure invece il contrario, essendo l’Antropocene frutto di un atto della volontà, la stessa volontà potrebbe dare inizio auna nuova Era, persino questo potrebbe accadere. Magari un’era di pace e di abbondanza, anche se da un punto di vista probabilistico sarebbe l’evenienza più remota. Ma anche la nascita di un trilobite è stata una evenienza più che remota. Ma non improbabile, non improbabile.
Ora, pensare a tutto questo non è mettersi a pensare ai propri figli, a cosa mai gli succederà. I nostri figli saranno più o meno quello che sono oggi e non vivranno esperienze radicalmente diverse. Sarà probabilmente così anche per i figli dei nostri figli. Veloce quanto sia l’era dell’Antropocene, pensarci su è pensare a tempi che non vivremo e a gente che non conosciamo. Dunque tanto vale concentravi sull’oggi e dimenticare queste quattro chiacchiere.

Il Secolo XIX, 10 gennaio 2016